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Conversazione con l’artista Getulio Alviani (10 febbraio 2006)
dal 10/2/06 fino al 10/2/06
presso
Fondazione Ambrosetti Arte Contemporanea, Palazzo Panella
Venerdì 10 febbraio 2006 alle ore 20.30 (Ingresso gratuito)
Ideatore plastico, progettista grafico, teorico, collezionista, Getulio Alviani è tra i primi e più lucidi esponenti dell’arte programmata e cinetica nata negli anni ’60 come progetto rigoroso, come scienza esatta fondata sull’analisi sistematica dei fenomeni percettivi ed ottenuta dall’utilizzo di formule scientifiche.
Attratto fin da ragazzo dai problemi riguardanti la percezione e l’informazione visiva, a partire dagli anni ’50 ha inizio per Alviani quel processo di acutizzazione percettiva che sarà alla base del suo lavoro anche di operatore visivo, per finire poi di concentrarsi sui problemi inerenti la plasticità strutturata.
Incomincia infatti a realizzare “le superfici a testura variabile”, dapprima eseguite a mano libera utilizzando il ferro; in seguito in acciaio e alluminio, seguendo un puntuale ordine geometrico.
Grazie alla precisa programmazione di cui sono il risultato, queste opere sono riproducibili in serie e la loro struttura, unitamente al colore bianco e argento del materiale, le rende atte ad assorbire e a rimandare la luce in complessi giochi che fanno mutare continuamente le loro superfici, generando immagini di volta in volta diverse secondo l’angolo visuale.
Dal 1960 compone anche le strutture monocromatiche polivalenti che dipendono dalla luce sia a livello strutturale sia fenomenologico; dal 1961 realizza oggetti riproducibili in serie e, sempre dall’ambito della vibratilità luminosa, nascono diverse programmazioni per strutture ottico dinamiche.
Dal 1962 al 1963 programma dei disegni in bianco e nero per serigrafie che in seguito serviranno come base per tessuti stampati con criterio cinetico - visuale, tessuti che daranno inizio alla moda optical. L’abito plissettato e con disegno modulare caratterizzato da diverse combinazioni lineari, si trasforma in “un organismo produttore di immagini in divenire”.
Nel ’65 Alviani inizia una ricerca che durerà per tutti gli anni ’70 su elementi standard per insiemi parietali riguardanti problemi di integrazione con l’architettura e lo spazio. L’importanza assegnata al rapporto con il contesto ambientale gli fa focalizzare nell’arte gli aspetti informativi e sociali: ciò è evidente negli “environnements” in cui il pubblico interviene in prima persona. Riflettendosi in pannelli speculari ruotanti immessi in uno spazio cromatico, in modo tale da determinare un’interrelazione uomo – ambiente, il fruitore diventa protagonista del lavoro: la sua immagine si moltiplica insieme alle indeterminate e infinite riflessioni dei colori.
Mentre la forma dell’optical art si diffonde a livello mondiale spesso però per i suoi aspetti più superficiali, diventando così uno stile privato dalle fondamenta scientifiche dalle quali ha preso origine, Alviani, per un lasso di tempo che potrebbe essere esteso fino ad oggi, continua la sua ricerca rivolta nuovamente alle fenomenologie cromatiche graduali e alle superfici tridimensionali generate sempre da formulazioni matematiche.
Fondamentale è per lui il concetto secondo il quale “La non precisione genera il caos a catena, la non programmazione la dispersione dell’energia”. La coerenza di queste affermazioni è provata dai testi teorici, tecnici, costruttivi e fenomenici da cui ogni sua ricerca è puntualmente corredata.
Note Biografiche
Getulio Alviani nasce a Udine il 5 settembre del 1939.
Nel 1954 comincia a lavorare nello studio di uno scultore, architetti e ingegneri e vince un concorso per il design di impianti elettronici. Nel 1961 la sua prima personale alla Mala Galerija di Lubiana dove espone le superfici vibratili e stringe amicizia con Zoran Kržišnik e Umbro Apollonio. Quindi instaura i primi contatti con Georges Vantongerloo, Konrad Wachsmann, Josep Albers e Max Bill, protagonisti del costruttivismo.
Dal ’62 si succedono mostre in Italia e all’estero, fra cui New tendences 2 a Zagabria (’63), la Biennale di grafica a Lubiana (’63), la XXXII Biennale di Venezia (’64), al Palais des Beaux Arts di Bruxelles (’69) e a Groningen in Olanda (’69).
Nel 1965 è al Museum of Modern Art di New York e nel ’67 è presente per la prima volta alla Biennale Internazionale di Arti Grafiche di Tokyo. Sempre nel ’67 è invitato alla prima mostra completamente dedicata all’arte ambientale, che si tiene nelle sale del Palazzo Trinci di Foligno.
Dopo un decennio in cui rallenta la sua intensa attività espositiva, nel 1981 viene chiamato a dirigere il Museo di Arte Moderna di Ciudad Bolivar, in Venezuela, da lui consacrato all’arte costruttiva.
Dagli anni Novanta si interessa quasi esclusivamente a progetti di architettura e svolge un’intensa attività culturale con scritti ed esposizioni riguardanti le ricerche dei più significativi protagonisti d’arte visuale e concreta.
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