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A proposito di Pasquale Martini
dal 22/4/07 fino al 14/6/07
presso
Galleria Maurer Zilioli
Inaugurazione domenica 22 aprile, ore 11
Un tipo scomodo forse disordinato, certamente un artista inquietantemente autentico, forte di quel lirismo melanconico sottilmente acuto che sempre provoca nell’appassionato d’arte il desiderio di condividere una ricerca avventurosa. Una presenza antispeculativa sul piano economico che, dopo le posizioni di comoda vuotaggine modaiola visibilmente mondana, nascosta nelle pieghe di certi minimalismi, sceglie, in contrasto, una strategia artistica che mette se stesso in rappresentanza dell’Uomo con tutte le sue angosce e complessità. Sempre in discussione provocatoria con lo spettatore inducendolo, a volte, a un senso di disagio. Mai manierista e compiaciuto, ironico, amaro, triste, indimenticabile, forte di quell’essere figlio della sua epoca e radicato nella cultura e nella tradizione figurativamente sensuale e matericamente coinvolgente che per meglio intenderci va da un Caravaggio a un Dieter Roth con in più la stimolante consapevolezza di una feroce critica.
Pasquale Martini (nato nel 1961) diplomato all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, discusso e commentato da celebri autori, curatori e critici, tra loro: Luciano Caramel, Peter Weiermair, Martina Corgnati, Philippe Daverio e Claudio Cerritelli, protagonista di molte collettive e di numerose personali (ad esempio nel 2003 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, a cura di Peter Weiermair), ha deciso di rinunciare a una carriera accademica, e si dedica a un discorso artistico senza essere lusingato da correnti, tendenze e risposte del pubblico. Martini disegna, dipinge, opera nel campo della scultura, funzionalizza la fotografia per i suoi scopi estetici. Non ci sono limiti né convenzioni per questo personaggio insolito, ma quello che lo guida e dirige è una libertà quasi crudele di autoesaminazione, di un esibizionismo e un profondo sguardo nell’anima umana che non può lasciarci indifferenti. Così Pasquale Martini ci trascina con un fascino particolare nel suo labirinto di composizioni, assemblages, surrealismi e irritazioni.
La mostra espone in due tappe opere degli ultimi dieci anni: tecnica mista su carta, fotografie e sculture in due costellazioni separate.
Le carte: una serie di autoritratti – in forma di maschere, boccacce, larve e facce bizzarre, drammatico-espressive, nati da una pittura impulsiva, esplosiva e gestuale. L’artista si trasforma nella figura dello sciocco e grottesco per stupire, per rivelare la commedia tragicomica della nostra esistenza e presenza, della vita, del vuoto e del pieno – un riferimento a una lunga storia nelle arti dall’antichità fino ad oggi, mai finita, sempre di grande intensità.
Le opere fotografiche: Martini usa la fotografia come testimone, come registrazione delle sue buffe messe in scena, spesso con la propria persona al centro dell’attenzione, a volte accompagnata da ulteriori comparse: i maiali, vivi e morti, dell’allevamento, dove l’artista si guadagna la vita. Nelle fotografie si apre il teatrino e land teatri beckettiani dell’esistenza umana in modo complesso, sul palco l’artista-sciamano-danzatore o fauno, apparendo improvvisamente e senza motivo razionale nella natura, in scenografie assurde e nello stesso tempo molto concrete, ambientate nel mondo reale dell’autore.
Le sculture: una raccolta di oggetti estranei, parzialmente riconoscibili, uniti in composizioni e assemblages come se fossero monumenti perduti nel cosmo, attratti reciprocamente dalla propria forza ed energia, radunati sotto una nuova pelle che li fornisce di un aspetto fantastico-surreale. Pensando alla totalità delle visioni di Martini anch’esse fanno parte dei suoi utensili artistici, in funzione di un alter ego dell’artista, o come bagaglio di un demiurgo funambolo, rimaste nel vuoto, fermate nel tempo, come rocce, come pietre, come fossili di un passato anticipato.
Orario di apertura: Dal martedì alla domenica dalle ore 15,30 alle ore 20,00
O su appuntamento: 3206907732
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