Pittori bresciani protagonisti della pittura del '900 Pittura moderna e contemporanea.
LE MOSTRE A BRESCIA  
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Ermete Lancini - La ricerca dello stile

dal 3/3/07 fino al 7/4/07
presso Galleria d'Arte Gio Batta


Ermete Lancini, e con lui pittori innovatori come Vittorio Botticini (1909-1978), Augusto (1911-2000) e Gianni Ghelfi, (1919), Enrico Ragni (1910-2002) e Pierca, hanno svolto la loro attività nel contesto artistico bresciano che, a fatica, recepì le nuove proposte delle avanguardie pittoriche italiane del dopoguerra. Spesso il linguaggio controcorrente di questi profeti si scontrò con l'indifferenza, se non l'aperta ostilità, della critica e del pubblico, tenacemente legato alla “tradizione”.
L'Associazione Arte e cultura, la Collezione di Achille Cavellini (1914-1990), i premi artistici locali e nazionali, il mondo delle gallerie milanesi e i contatti con la Biennale di Venezia, costituirono le opportunità di cui poterono usufruire questi innovatori, che si estraniarono così dall'oppressivo provincialismo della città natale. Ermete Lancini fu un colto autodidatta, un perenne negatore della professione di pittore; rispetto ai colleghi che gravitavano attorno a Cavellini in corso Mameli, realizzò un percorso a sé, estraneo all'esperienza milanese di Corrente e all'influenza totalizzante del neocubismo picassiano del dopoguerra. Il nostro artista dichiarò costantemente nei Diari – il documento che testimonia le tappe controverse della sua ricerca – la provenienza dalla pittura di Van Gogh, ma anche da quella di Gauguin, Matisse e i fauves, e l’espressionismo nordico dei vari Nolde, Kokoschka, Jawlensky, Rottluf, ma soprattutto Ernst Ludwig Kirchner. Quest'ultimo, tra i fondatori del Die Brücke nel 1906, scriveva di una generazione di giovani che confidava nel progresso, capace di creare e rivendicare la libertà di agire e di vivere. Lancini considerò il quadro come uno specchio della crisi d'identità e delle problematiche dell’uomo moderno, disorientato ed in conflitto con l’ordinamento costituito. La tela era concepita come uno spazio dove, la complessità del linguaggio pittorico contemporaneo, tentava di manifestarsi con nuove forme, vocaboli di una lingua in divenire. In questo modo l'arte era attraversata dalla realtà e così suggeriva, ai fruitori dell’opera stessa, molteplici letture e a diversi livelli.
La pittura di Kirchner, ed in generale quella dei primi espressionisti, era realizzata con colore puro, giustapposto e non mescolato, ed è appunto a questa grammatica visuale che si rifece Lancini fino agli anni '50, prima di essere suggestionato dall'esperienza della Pop art.
Dal 1963 l'artista iniziò l’uso dei collage, che protrasse fino alla morte avvenuta nel 1968. Il rapporto di Lancini con la Pop art fu prudente e critico, per il suo disprezzo nei confronti dell’arte concepita come moda e imposta dai grandi circuiti commerciali.
Ermete Lancini fu imprigionato dalla continua ricerca di un proprio stile, quel famoso “rapporto interno” nei quadri che un artista deve realizzare nell’arco della sua opera.

Roberto Ferrari

Inaugurazione sabato 3 marzo 2007 alle ore 18.00








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