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L'apocalisse di Gutenberg
Jean-François Bory

dal 28/11/08 fino al 7/2/09
presso Fondazione Berardelli


Comunicato stampa

Prosegue l’attività espositiva della Fondazione Berardelli di Brescia. Dopo aver presentato la stagione scorsa le personali di Ugo Carrega, Pierre Garnier, Bernard Aubertin, Julien Blaine, Sarenco e Hans Clavin, a novembre si terrà un’ampia retrospettiva del poeta visivo francese Jean-François Bory.
“Nella storia dell’arte contemporanea, -come ha avuto modo di dire Sarenco- quando qualcuno si immagina di dover avere a che fare con qualsiasi idea o progetto creativo riguardante l’oggetto libro, si scontrerà sempre con i libri aperti o accumulati di Jean-François Bory. […] Le pagine del libro non contengono segni tipografici che narrano il mondo, ma inglobano il mondo e i suoi conflitti: carri armati e soldati, animali mostruosi e uccelli rapaci dominano la letteratura dal suo interno, divorando metafore e allegorie, anacoluti e cesure, iperbole e licenze poetiche.
Bory ha ucciso storicamente Gutenberg: Gutenberg è storicamente finito”.

Scrittore, poeta tradizionale e visivo, Bory comincia la sua attività artistica nel 1963, entrando in contatto con le correnti sperimentali francesi.
Nel 1966 partecipa al Festival internazionale di poesia d’avanguardia a Fiumalbo. In questa occasione stringe amicizia con i poeti visivi italiani ed in particolare con Adriano Spatola, organizzatore della manifestazione. In seguito i rapporti di Bory con l’avanguardia artistica italiana si intensificano progressivamente, tanto che nel 1974 fonda il “Gruppo internazionale di poesia visiva”, anche detto “Gruppo dei nove”, con Eugenio Miccini, Lucia Marcucci, Luciano Ori, Michele Perfetti, Sarenco, l'olandese Herman Damen e i belgi Alain Arias-Misson e Paul De Vree.
Sono numerose le riviste che fonda e dirige. Nel 1966 è co-direttore della rivista d’avanguardia “Approches” insieme a Julien Blaine, Pierre Garnier, Jean-Claude Moineau, e Jochen Gerz, incentrata sulla ricerca poetica sperimentale a livello internazionale. Nel 1968, sempre con Jochen Gerz pubblica la serie di riviste antologiche "Agentzia", e a New York l'antologia "Once Again". Nel 1970 dà vita alla rivista italiana in lingua francese "L'Humidité".
La sua ricerca, che parte da un ambito puramente scritturale per poi aprirsi alla sperimentazione poetico visuale e sonora, si concretizza negli anni settanta realizzando soprattutto calligrammi su carta disegnati con inchiostro nero o colorato, alcuni di questi rappresentano ideogrammi giapponesi, rivelando la sua amicizia con il poeta visivo Takahashi Shohachiro.
Nei suoi fotomontaggi invece il testo non è predominante: la fotografia assume la stessa importanza della parola o in alcuni casi ne diventa la protagonista principale. Bory sceglie per queste tavole oggetti che fanno parte della sua realtà quotidiana, attingendo per lo più agli strumenti di comunicazione di massa, resi obsoleti dal tempo e dal disuso. Il libro, contenitore infinito di parole e sapere, è senza dubbio il più amato dall’artista tanto che alla fine degli anni sessanta, inizia a rappresentarlo anche tridimensionalmente. Crea assemblages ricoperti d’oro, composti da volumi accatastati e successivamente aperti.
A partire dagli anni ottanta realizza anche una serie di macchine da scrivere dorate, con vecchi modelli di ogni epoca, stile e marca, che rappresentano il mezzo di produzione del testo prima del libro, strumenti docili e sottostanti al volere dello scrittore. Su questi oggetti applica piccole figurine di soldati, carri armati, pistole, animali feroci, lettere e numeri, trasformandole in veri e propri campi di battaglia.

Nella mostra allestita dalla Fondazione Berardelli è possibile vedere più di ottanta opere: fotomontaggi, composizioni tipografiche e sculture, realizzate dagli anni sessanta ad oggi.








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