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Claudio Filippini - Luci della città
dal 21/4/07 fino al 9/5/07
presso
Associazione Artisti Bresciani
Sabato 21 aprile alle ore 18 nella sede dell’AAB (vicolo delle Stelle 4 – Brescia) si tiene l’inaugurazione della mostra Claudio Filippini. Luci nella città, a cura di Maurizio Bernardelli Curuz. L’artista bresciano è interprete di una raffinata ricerca estetica basata su una tecnica virtuosistica che si sviluppa in direzione di un’interpretazione iperrealista del paesaggio, in particolare di quello urbano post-industriale. Per l’occasione una significativa selezione dei suoi lavori più recenti, conducono lo spettatore a un evocativo viaggio dentro le sue visioni quotidiane, spesso crudamente anti-poetiche, ma in cui è avvertibile il palpitare di una vitalità nascosta.
“Una visione (quella di Filippini) dominata dalle luci della città, quelle più autentiche e interrogative, che sono in grado di sospendere l’immagine, trasformandola in un quadro, cioè in un’unità di significanti che reclamano l’individuazione di un significato. Luci eloquenti su quinte urbane quasi logorate dalla visione, che hanno la funzione di creare un momento di sospensione silenziosa e di invitare al pensiero.(...) Il paesaggio dipinto da Filippini, per quanto minuzioso sia l’accostamento al dato visivo, appartiene fondamentalmente alla dimensione estetica del mito, asseconda le proiezioni dell’inconscio collettivo, mentre la fotografia - se non costruita in termini artistici fino a diventare essa stessa momento interpretativo - è soltanto un fedele riflesso di una realtà immota, grado zero della scrittura del mondo. La rappresentazione in chiave iperrealista, praticata da Filippini, va al di là di questo grado neutro, per caricare il quadro di valenze interrogative. E le domande silenziosamente poste riguardano appunto il luogo di rottura tra paesaggio naturale (cantato per più di un secolo dai nostri pittori) e la quinta urbana della modernità. (...)In Filippini, è ravvisabile il ritmo binario dei registri: gli scorci, in cui la città o la campagna si appagano di un insito equilibrio formale, e le zone in cui le lacerazioni visive provocate dalla civiltà industriale arruffano e spezzano la solare linearità del paesaggio classico, e si collocano tra i luoghi esplorati dal realismo esistenziale (che negli anni della rinascita italiana raccontò le periferie delle metropoli e della psiche) e dal realismo americano, caratterizzato da una visione on the road della realtà, colma dei simboli pop di uno sviluppo senza fine. Come una terra convulsa, in cui le pulsazioni della città sono leggibili sull’epidermide degli asfalti di Filippini, che, là sotto, coglie il ritmo di un cuore nascosto e lontano.”
(dal saggio in catalogo di Maurizio Bernardelli Curuz.)
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