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Paolo Cassa (1888-1983)
La memoria figurativa
dal 3/12/05 fino al 11/1/06
presso
Associazione Artisti Bresciani
Non sono state molte le opportunità che Brescia ha avuto di conoscere l’opera pittorica di Paolo Cassa. Oltre alle sporadiche partecipazioni alle esposizioni dell’"Arte in Famiglia" d’inizio Novecento, si possono infatti ricordare, nel 1963, un’antologica all’AAB nella vecchia sede di via Gramsci, in cui si è dato conto della sua attività di ritrattista e di paesaggista, e l’omaggio che Collio nel 1988, in occasione del centenario della nascita, ha dedicato alle sue "impressioni valtrumpline", paesaggi di piccolo formato che Cassa dipinse con assiduo lavoro domenicale, nel corso di tutta la sua lunga vita, nella località montana dove la famiglia trascorreva la villeggiatura. A queste va aggiunta la mostra del 1991 alla Galleria dell’Incisione, che ha però focalizzato l’attenzione sulla vasta e importante produzione grafica dell’artista, spaziante dal manifesto pubblicitario alla illustrazione libraria, dalla caricatura al marchio di fabbrica.
Paolo Cassa nacque a Brescia nel 1888, nipote, per parte di madre, del pittore Luigi Campini: "Da lui – ha scritto in una memoria redatta nel 1969 – mi venne certo l’attitudine ad apprendere il disegno e la pittura con notevole facilità". La sua formazione artistica prese le mosse nel modo tradizionale per Brescia: frequentò infatti i corsi della Scuola comunale di disegno "Moretto", dove fu allievo di Arnaldo Zuccari e dove venne premiato nel 1908 fra gli allievi del corso di figura. Su sollecitazione della famiglia, che voleva per lui un avvenire "sicuro", si trasferì poi a Venezia per iscriversi all’Accademia di Belle Arti e nel 1911 conseguì il diploma. Iniziò allora un’attività di ritrattista che gli diede molte soddisfazioni e che fu interrotta dallo scoppio della guerra, a cui partecipò da soldato semplice, dal 1915 al 1918, meritandosi una medaglia d’argento e una di bronzo.
Al ritorno a casa (nel 1917 si era nel frattempo sposato con Giulietta Quiri) si dedicò all’insegnamento del disegno nelle scuole tecniche locali e nel 1925 iniziò a collaborare con l’Unione Tipolitografica Bresciana di Giuseppe Restelli. La produzione grafica fu intensa: in essa spiccano i noti manifesti per la Mille Miglia, efficaci e sintetici (suo è anche il merito di aver ideato la Freccia Rossa, l’emblema che ha contribuito a rendere riconoscibile la gara automobilistica bresciana in tutto il mondo), ma Paolo Cassa disegnò anche immagini di grande impatto visivo nella loro vivacità cromatica per il Teatro Grande, la Sezione Filovie dei Servizi Municipalizzati, la CIT, le aziende vinicole del Garda, la fabbrica di birra Wührer, le Armi Lorenzotti, i Rimorchi Orlandi, riuscendo sempre a soddisfare le esigenze della committenza.
La sua vita trascorse serena tra la famiglia, la scuola e il lavoro all’Unione Tipografica. Chi lo ha conosciuto, come Gaetano Panazza, ne ha ricordato "il carattere sereno e ottimista con una vena persino di fanciullesca gioia, con un’arguzia e un tocco di bonomia sotto un tratto a volte burbero e a volte persino scontroso, del tutto bresciano".
A partire dagli anni Trenta la sua produzione pittorica rallentò, assunse quasi un carattere "privato" e vi trovarono spazio solo ritratti dei familiari e i paesaggi "festivi" del Val Trompia. Paolo Cassa si mise volutamente al margine tanto del sistema espositivo quanto delle tensioni e dei dibattiti che hanno percorso l’arte del Novecento. "Dipingeva [...] – ha scritto ancora Panazza – solo per soddisfare la propria intima gioia, o per decorare le pareti di casa, o della sorella, o quelle dei figli e dei nipoti e di qualche famiglia amica, ma si guardava bene dal porvi le date".
Dopo il periodo giovanile in cui, a inizio Novecento, partecipò a pieno titolo con una sua originale ricerca alla fuoriuscita dalla tradizione ottocentesca verso la modernità, coltivò una pittura "senza data" in ritratti in cui cercò soprattutto la verità psicologica di chi si metteva davanti al suo occhio attento e la verità di una natura fatta di boschi umbratili e silenziosi, di montagne inondate di luce e sfavillanti nel verde dei prati, di cieli crepuscolari e di albe limpide, accese d’oro e di rosa. Una pittura "amica" che può essere guardata oggi con altra attenzione.
Luigi Capretti e Francesco De Leonardis
Testo tratto dal sito www.aab.bs.it
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